Elena Pugliese

Lei – opera privata, 2024

LEI
opera privata
stampa su carta 60×40
Committente: Lisa Parola, Elena Maria d’Angolo Vallan

 

Ereditiamo tante cose. A volte le lasciamo lì, non osiamo buttarle, regalarle, usarle, trasformarle. E le mensole diventano altari. Lei è un’opera privata che trasforma in lavoro artistico l’esperienza comune a chiunque si trovi a tu per tu con un proprio lascito.

Lei nasce da un incontro. Sono stata invitata dalla curatrice Lisa Parola a incontrare Elena Maria d’Agnolo Vallan, persona a me sconosciuta e a dialogare con lei. Dall’ascolto l’una dell’altra è nata la proposta artistica di lavorare su un importante patrimonio epistolare ereditato.

Premessa

Elena Pugliese, attraverso la scrittura, lavora da sempre intorno al tema del lascito e della poetica del quotidiano. Con LEI si affronta il tema della relazione con un proprio lascito cercando di mettere in atto un processo di dialogo, trasformazione, creazione, liberazione e ricongiungimento. Un processo che include pratiche esperienziali e riflessioni. Il lascito è responsabilità di chi resta. Dal lascito comincia la storia di ognuno di noi. Ogni storia nasce da altre storie. Inizi di altri inizi. Nasciamo su ciò che resta. Il lascito non è fisso, va continuamente ricreato, ripensato, rinnovato. L’eredità è ciò da cui veniamo. Si viene sempre dopo. È un dopo in cui non ci si può fermare, occorre ripartire. Questo è il lascito. Una soglia estremamente creativa tra una storia compiuta e una ancora incompiuta. Ogni oggetto porta in sé un senso di rinascita. Il punto è restituire un senso alla perdita.

Gli oggetti sono la rappresentazione quotidiana del lascito. Ci permettono di sperimentare quello che vuol dire vivere la continuità del lascito tutti i giorni. Cataste di oggetti. Ingombri diabolici che tanto ci rendono liberi quanto schiavi. Tentiamo di addomesticarli. Al di là della loro funzionalità ci dicono da dove arrivano, di chi erano, si narrano in continuazione, ci rendono schiavi di ritualità ereditate, di usi legati a una tradizione, riescono a emozionarci fino a commuoverci. Unica salvezza in questo vivere carico di conflitti tra benefici e malefici, è la storia personale. L’unica àncora che ci fa sentire radicati, in cui non si può cadere in contraddizione. La nostra storia ci rappacifica, ci radica, impedisce lo sconfinamento, unisce noi al gesto, noi all’oggetto, noi alla follia e alla regola, compatta, rafforza e sancisce l’unicità. E allora ecco che un oggetto può diventare l’oggetto intoccabile, il vaso che per tutti è solo un vaso diventa il ‘nostro’ vaso e acquista un significato simbolico. A volte li lasciamo lì, non osiamo buttarli, regalarli, usarli, trasformarli. E le mensole diventano altari. La storia personale dà il nostro personale senso alle cose.

LEI – opera privata

Sono stata invitata a incontrare una persona sconosciuta e a dialogare con lei. Dall’ascolto l’una dell’altra è nata la proposta artistica di lavorare su un importante patrimonio epistolare ereditato. Tutte lettere senza risposta, tutte scritte e spedite negli anni da persone diverse alla stessa destinataria. Da mittente a mittente emergono tratti del carattere, manie, attitudini, comportamenti, desideri di una figura che può solo essere immaginata. Questo patrimonio familiare è rimasto chiuso in bauli e scatole con la volontà di farne qualcosa, ma con il timore di non sapere cosa. Lei è un’opera che nasce dall’attraversamento e dalla trasformazione di questo lascito. Il tentativo è di risalire a quella figura a cui tutte le lettere sono rivolte e restituirne un ritratto, attraverso l’ultimo sguardo, quello della figlia di Lei che, leggendo le lettere oggi, dialoga con quei frammenti ritrovati di una donna/madre. Tra madre e figlia inizia così un nuovo scambio epistolare che diventa ritratto narrativo. 

Il lavoro prende spunto dal libro del Talmud (in ebraico: insegnamento, studio, discussione), uno dei testi sacri dell’ebraismo, il testo della “trasmissione e discussione orale” della Torah. Esso consiste infatti in una raccolta di discussioni, studi, interpretazioni avvenute tra i sapienti. Le sue pagine si mostrano diverse l’una dall’altra, non seguono un ordine di lettura e il testo è senza inizio e senza fine, sempre incompiuto perché continuamente aperto all’interpretazione, alla possibilità di essere anche altro, a dimostrazione che la nostra conoscenza è sempre parziale. Così accade al ‘lettore’ che si trova di fronte a Lei. Si perde nel tentativo di conoscere la sua storia e più si addentra a cercarla più sembra esortato a continuare a farlo e a inventarla sempre diversa.

APPUNTI SUL PROCESSO DEL LAVORO

Come in ogni lavoro relazionale, si compie facendolo. Non esiste un metodo.

Azione n.1 – LA LETTERA Ho chiesto di scegliere una lettera. In quella scelta c’è l’inizio del lavoro. Mi piacerebbe che la lettera diventasse una pratica filosofica. Non è l’inizio, ma un inizio. Uno dei tanti possibili. La lettera che è stata scelta è il presente da cui cominciamo. Sta tra un passato compiuto e un futuro incompiuto. Un prima e un dopo. Il dopo può essere solo riscritto. Il lettore assume un ruolo attivo sul testo. Noi lettori possiamo solo interpretare ciò che è accaduto. Se una ricerca si esaurisce quando si rivela il mistero, allora questa è una ricerca non risolta e per questo sempre viva.

Azione n.2 – COPIATURA La lettera deve essere assimilata. Con la copiatura siamo entrate nel tempo della lettera assimilando non solo le parole, ma anche il tempo della sua scrittura. Un momento molto intimo, di vicinanza non solo a colui/colei che ha scritto la lettera, ma anche alla persona che sta copiando con te. In quel momento quella lettera ci unisce. La mia calligrafia porta immediatamente quelle parole scritte nel presente, le sbalza fuori dal loro tempo. Sparisce quel contenuto che va al di là delle parole, fatto di quella carta ingiallita, di quell’inchiostro tipico di una vecchia macchina da scrivere.

Azione n.3 – LETTURA ORALE Abbiamo letto l’originale

Azione n.4 – Ho chiesto di evidenziare parole o frasi che lasciano trasparire il destinatario, che aprono alla sua immaginazione, che aprono una narrazione rivolta al destinatario. Partendo dalle parole estrapolate, ho chiesto di scrivere in forma diretta al destinatario. Che nascesse un dialogo. Immediatamente il destinatario è nel presente e possiamo parlarci.

Azione n.5 – Ho chiesto di scegliere una lettera per ogni altro mittente rivolto allo stesso destinatario e per ogni lettera evidenziare parole o frasi che aprono una narrazione rivolta al destinatario, che stimolano la sua immaginazione. Un puzzle di sguardi esterni stanno costruendo la sfaccettata figura del destinatario.

Azione n.6 – COSTRUZIONE DEL DESTINATARIO Le parole chiave di ciascuna lettera dei diversi mittenti sono state l’incipit di una scrittura da parte della figlia. Quello che emerge è un ritratto frammentario del destinatario. Un ulteriore punto di vista che racchiude in sé i punti di vista dei mittenti e quello della figlia in un gioco di prospettive tra presente, passato e futuro. L’indicazione di scrivere in forma diretta attualizza la storia, che si mostra ancora viva nelle parole della figlia che porta con sé parte del vissuto condiviso.

Azione n.6 – TRASFORMAZIONE E CREAZIONE Prendendo spunto dall’impaginazione di una pagina del Talmud, LEI prende corpo in un ritratto narrativo su carta che rispecchia lo spaesamento e lo smarrimento di chi vorrebbe una compiutezza, di chi vorrebbe cogliere la storia di quella figura. Ma LEI non potrà mai essere conosciuta. La pagina crea una lettura che si perde, perché la storia non sarà mai completa e sarà  sempre interpretabile. Non c’è un ordine di lettura. Il lettore si perde nel tentativo di cogliere la figura del destinatario, a dimostrazione che la conoscenza dell’altro risulta sempre parziale.

Di fronte a questa geografia del testo il lettore è come un viandante, esortato all’obbligo di continuare a viaggiare e a inventarsi sempre diversi.

Bibliografia

Giuseppe Balzano, docente di ebraico biblico, conversazioni private.

Delphine Horvilleur, Capire il mondo, Ed. Sympathetika 2022

Adriana Cavarero, Tu che mi guardi, tu che mi racconti, Feltrinelli 2011

Un ringraziamento speciale a Lisa Parola, autrice dell’incontro e a Elena Maria d’Agnolo Vallan per la sua attiva e fiduciosa adesione.