Elena Pugliese

Chiusi fuori, 2023

Chiusi fuori, 2023
racconto sonoro, 32′
con il sostegno di CPIA 1 Paulo Freire 
la collaborazione dell’Amministrazione Penitenziaria della Casa Circondariale Lorusso e Cutugno, Torino

montaggio narrativo e voci: Elena Pugliese e gli studenti CPIA1 Paulo Freire TO 
coordinamento progetto: Raffaella Mossetto
curatela: Giulia Crisci

Il racconto sonoro Chiusi fuori è il risultato di un laboratorio di scrittura collettiva realizzato con un gruppo di studenti CPIA1 detenuti nella Casa Circondariale Lorusso e Cutugno di Torino. La storia sembra introdurre alla giornata e alle abitudini di un uomo in carcere, ma in realtà in essa si svelano i vissuti quotidiani di una pluralità di persone, le cui vicende restano per lo più inaccessibili e spesso incomunicabili al di fuori delle carceri. Si tratta di un espediente narrativo, un equivoco ricercato per sfidare gli stereotipi, che vogliono ridurre la molteplicità a una visione semplicistica e incompleta, col rischio di rimanere rinchiusi dentro a un’unica storia.

Il lavoro trae spunto dal libro di Chimamanda Ngozi Adichie, Il pericolo di un’unica storia, Giulio Einaudi Editore, 2018. Raccontare un’unica storia, scrive l’autrice, crea stereotipi. E il problema degli stereotipi non è tanto che sono falsi, ma che sono incompleti. Trasformano una storia in un’unica storia. Nel caso specifico del carcere, il lavoro svolto ha voluto mettere in luce quelli che possono essere i pericoli, per chi sta dentro come per chi sta fuori. Il rischio, per chi è detenuto, è di raccontarsi sempre allo stesso modo, perdendo di vista la possibilità di pensarsi e immaginarsi anche altro, oltre che di perdere il senso della propria storia e arrendersi all’unica storia che la contiene. Mentre chi sta fuori dal carcere rischia di cadere nel luogo comune. In un’o pinione precostituita, generalizzata e semplicistica. Il pericolo per tutti è dunque lo stesso: rimanere rinchiusi in un’unica storia.

SVILUPPO DEL LAVORO Possiamo dimostrare come in un tempo e uno spazio scanditi da appuntamenti precisi a cui non si può mancare, in una ritualità collettiva, corrono parallelamente un tempo e uno spazio del tutto personale? Ai partecipanti è stato chiesto di lavorare con la scrittura e con la registrazione orale dei loro testi. L’obiettivo: fare un’esperienza di scrittura collettiva, in cui gli scritti di tutti uniti diventano un testo unico. Ciò che resta è apparentemente la storia di una giornata scritta da un detenuto in carcere, risultato invece di un collage di tante storie. A prova del fatto che lo stereotipo è una semplificazione. Il lavoro è stato diviso in due fasi. FASE N. 1 Si è lavorato sull’importanza dei riti quotidiani. Attraverso la lettura di alcune parti del libro Rituali quotidiani di Mason Currey, ed. Vallari , che raccoglie ritmi, orari e abitudini di molti personaggi conosciuti, i partecipanti sono stati stimolati a fare altrettanto, scoprendo quali riti personali sono mantenuti, cambiati o acquisiti all’interno di un tempo straordinario come quello del carcere. Dai banali e piccoli riti personali è emersa l’unicità della propria storia, che abita in ogni gesto, azione, oggetto personale, immaginazione, pensieri estemporanei. I partecipanti sono stati invitati a scrivere sul proprio risveglio, il proprio oggetto personale, un luogo/ un tempo per sé, sullo sguardo verso il fuori e verso il dentro, sulla sera. Ogni incontro è terminato con la stesura di un breve testo scritto in prima persona e la sua registrazione da parte dello stesso autore. FASE N. 2 Dalla scrittura si è passati alla composizione e sistematizzazione di tutto il materiale scritto in un’unica struttura narrativa e in seguito alla sua registrazione. Voce, montaggio e testi sono dei partecipanti. Si sono creati tre gruppi di lavoro, ciascuno ha scelto frammenti narrativi prodotti nella prima fase e li ha composti in un’unica storia. Sono state create tre postazioni di registrazioni e attraverso il programma audio Audacity sono state realizzate 4 storie diverse, con 4 voci diverse. Ad ascoltarle sembrano quattro giornate di quattro detenuti. Da qui si è arrivati al passaggio finale, ovvero alla composizione di un’unica storia, registrata da un’unica voce.